Scrittura (di merda) collettiva: “Strisce di vita”

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Carissimi,

la rete pullula ormai di piattaforme dedicate alla scrittura collettiva. Obbrobbrio, si sa, non è 20lines. Capolavori come quello della Balotelli esprimono una padronanza linguistica al di fuori della nostra portata. A noi non resta che scrivere di merda. Ed è per questo che vorrei proporvi il primo esperimento di scrittura di merda collettiva. L’incipit lo offre la casa: sentitevi liberi di continuare la storia nello spazio dedicato ai commenti. Peggioratela, accanendovi sul lettore.

 

STRISCE DI VITA
 
Il traccialinee cigolava, disegnando linee di gesso sull’erba umida dell’oratorio. Julian era fradicio di sudore, ma la stanchezza e tantomeno il caldo soffocante di quella mattinata di luglio non costituivano un deterrente alla sua voglia di impegnarsi, di dare il suo contributo per regalare un sorriso ai ragazzi che frequentavano la parrocchia. Un tempo anch’egli era come loro: innocente, spensierato, con un sorriso splendente come il sole. Ma quelle righe, così tanto simili alle strisce che ora andava tracciando sul prato… quella polvere bianca che gli era entrata nelle narici, e poi nell’anima… Julian non riusciva proprio a perdonarsi. Vendendo quella robaccia aveva rovinato tanti adolescenti, meritandosi una condanna ai servizi sociali.


«Me la sono meritata, ma risorgerò dalle mie ceneri. In fondo non importa cadere, ma riuscire a rialzarsi!» esclamò, mentre il suo pensiero volava verso sua  madre, ricoverata in gravissime condizioni. Le ansie e i patimenti causati dal suo figlio degenere l’avevano portata all’alcolismo, e l’alcolismo l’aveva fatta ammalare di cirrosi epatica.  Non la vedeva dal giorno dell’arresto, eppure non aveva mai smesso di amarla. Negli occhi di Julian c’erano ancora le violenze che quella giovane donna aveva subìto da quel mostro che già da bambino egli faticava a chiamare papà.  Di lui, del signor Portman – come suo padre amava farsi chiamare dalle avvenenti impiegate di cui si circondava – non si sapeva più nulla, da quando su tutti i quotidiani locali era apparsa la notizia dello scandalo finanziario Portman Oil. Probabilmente era fuggito all’estero, con una borsa piena di contanti, a rifarsi una vita lontano da quelle che la sua ambizione aveva distrutto.


Il cerchio di centrocampo era finalmente completo. Julian corse verso gli spogliatoi, osservando nel riflesso dello specchio un viso esausto, stravolto, fin troppo somigliante a quello di suo padre. «Non seguirò il tuo deprecabile esempio»  giurò,  mentre le urla festose dei ragazzini impazienti di correre e giocare su quel campo gli colmavano il cuore di gioia.

25 Commenti

  1. Il suo pensiero corse a Guendalin, l'unica a non averlo lasciato solo durante la caduta. In quell'istante il suo cellulare squillò: era lei. Drin. Guendalin aveva la capacità di leggergli nel pensiero. Drin. Era bellissima. Drin. Con lei avrebbe potuto ricominciare da capo… Drin, drin, drin. La suoneria continuò a fare il suo dovere, urgente e tenace. In quel momento Julian capì. Comprese perchè non si risolveva a rispondere al cellulare, e la verità lo schiaffeggiò in volto come un tornado. La donna di cui si era innamorato era in realtà una delle impiegate di suo padre, pagata da lui per controllare le mosse di Julian.

    • Non me la prendo, posso solo dirti di non aver editato un cazzo. Quindi se l'errore c'era dovresti vederlo anche ora. Si tratta di uno spazio eh, non mi farei mica problemi ad ammettere un errore del genere.

    • No, ti ho detto che c'era uno spazio in più che ora non c'è più. Sei tu quello che deve far le pulci a tutti. SCUSA MA in 'Obbrobbrio' non siamo qui apposta? Se poi ti offendi per averti consigliato di eliminare lo spazio in più potevi tranquillamente non postare e correggere. Ogni giorno, scrivendo su 'La Repubblica' mi accade che i giornalisti mi bannino correggendo. Questo bannismo, per me, è un premio e non un motivo di litigio. Saluti.

  2. PARTE 1 – Ho una caccola che non dovresti perderti caro obbrobrioso con la falce in mano. Recensione delle pagine gratuite di ‘Libero grazie a te’ di Rose Mary M. – Qualche volta ho difeso l’autopubblicazione: in questo caso, purtroppo, ho trovato talmente tanti errori… La signora non sa usare la punteggiatura. Eccovi, in ordine di apparizione gli errori imperdonabili: ho saltato molte frasi con virgole alcoliche o mancanti in quanto fareste prima a leggere l’estratto gratuito. – Il testo, ad esempio si apre così: «Finalmente avevo finito di sistemare tutti gli abiti nell’armadio e a dare alla cucina un aspetto quasi vivibile ora potevo dire che il mio nuovo appartamento cominciava a prendere forma, (…)» – Poi trovo una stranezza che dovrebbe saltare agli occhi: «–sempre nei momenti meno opportuni – pensai.» – O si usa la linea lunga o quella corta, animo, scegliere: e mettere lo spazio, soprattutto. – al 29% trovo: «La sveglia suonò presto avevo deciso di fare un giro (…)» – « (…) di fare jogging In realtà (…)». Alla signora che dedica il libro ai figli non piace neanche mettere il punto. – A questo punto trovo una parentesi da ‘malditesta’ – (…) (si notava anche dalla mia taglia non proprio 42 certo non ero una silfide ma neanche una tutta ciccia una taglia 48 non proprio in linea con la moda ma in linea con me stessa) (…). – Nella stessa pagina, poco dopo trovo: «Tra la miriade di palazzi che avevo attorno, scorsi, un prato bellissimo ben curato dove i bimbi correvano liberi e i nonni leggevano il giornale seduti sulle panchine attraversai il prato e mi accorsi (…) – Con le virgole non ce la fa. – Volto pagina, 31% dell’estratto: «Forse avevo sbagliato tutto trasferirmi a New York senza essere sicura che mi avessero assunta» – Manca solo una lettera, che rompicoglioni che sei, 7475. – Nella stessa pagina trovo “a meta” al posto di “a metà”. – Volto pagina e scopro che la ‘sccrittrrice’ se ne frega delle subordinate. 25 parole massimo per periodo? No! – «Tornai indietro verso casa prima di rientrare passai al supermercato e feci un po’ di spesa non avevo voglia di uscire nel pomeriggio mi sentivo turbata e stranamente agitata, l’incontro con quell’uomo mi aveva stordito, il suo sguardo era così freddo quasi glaciale e poi ripensavo (…)» – In tutto 62 parole: stordito o stordita? Vabbè, in questa pagina troviamo anche questo: (…) il 4/3 corrente mese (…) – Siamo negli States e invece che del 4 di marzo si parlerà del 3 di aprile: ma rigorosamente ‘corrente mese’. – Stessa pagina: «Ok avevo presentato un progetto ma cosa voleva dire quella convocazione.» La sccrittrrice non usa neanche il punto interrogativo: se qualcuno la conosce l’avverta – 35% dell’estratto – «L’indomani la sveglia suonò presto, mi alzai di scatto non so neanche se ero riuscita a dormire bene.» – In che senso? Non senti se sei a posto o no? Boh? – Stessa pagina: «La signorina una bionda molto appariscente ma non sgradevole (…)» – A parte la virgola mancata, cosa c’entra l’appariscenza con la sgradevolezza? Più o meno è chiaro cosa la nostra intenda, perdono? Perdono. – Stessa pagina: «Uscendo dall’ascensore mi ritrovai in un atrio dalle pareti bianche con appese alle pareti delle stampe (…) – Infatti Mina cantava: “Pareti, pareti pareti d’amor!”

  3. PARTE 2 – 38% – «Io annuii e senza dire una parola entrai era una stanza molto luminosa la cui parete principale era tutta in vetro e aveva un panorama stupendo si vedeva tutta la baia con una cornice di palazzi dall’architettura New England. Al centro dominava un grande tavolo in vetro Ero contenta a osservare (…)» – Virgole e punti mancanti: tra l’altro, dall’inizio non ho incontrato un punto e virgola. Vabbè, si sa com’è 7475. Ma si può definire come ‘parete principale’ una vetrata? – Non credo. – Nella stessa pagina anche il suo lui si dimentica di mettere i punti interrogativi. Vi sto annoiando? Volto pagina e mi trovo al 41% della lettura fortunatamente gratuita. «(…) se credeva di trovarsi davanti ad una sprovveduta aveva sbagliato di grosso gli avrei fatto vedere io. Il colloquio durò circa un ora (…)» – Oltre alle virgole mancano pure gli apostrofi! – Il virgolettato che segue dovrebbe esprimere una domanda, mancano virgole e punto interrogativo: parlano tutti così in questo testo: “Signorina Baxter mi aveva già convinto il suo demo ma la sua presentazione è stata eccellente ha altri impegni lavorativi in corso”. – Ma dopo poche righe troviamo un’affermazione che, in bocca allo stesso personaggio diventa domanda: «(…) se tutto andrà bene, diverrà un contratto a tempo indeterminato sempre che lei non si stanchi di lavorare con me?» – I tre puntini andavano benissimo, mah. – Volto pagina e trovo: «(…) la affido nelle mani di (…)» – Non ho mai sentito che ci si affidi ‘nelle’. – 7475, sei un figlio di puttana. Làvati invece che far le pulci – Trovo altre virgole mancanti, arrivo al 49% e trovo: «(…) quando una valigetta le blocco (…)» – Come si fa a ritenere un refuso di battitura ‘blocco’ invece che ‘bloccò’? – «Arrivai nel mio ufficio il tempo di dare occhiata alla mia scrivania di riordinare i miei fogli e (…)» – Saltare gli articoli indeterminativi è utile per non aver dubbi sull’apostrofo, capisco. – Esempio di virgole a cazzo, 57% della lettura: «Quando Connor Davis, in procinto di andare a lavoro quella mattina, prese al volo una ragazza che si trovava davanti al suo palazzo, evitando di farla cadere a terra non pensava che quella “ragazza” potesse diventare oggetto (…)» – Alla scrittrice piace moltissimo ‘andare a lavoro’. Boh. Se qual è si scrive senza apostrofo anche la ‘L’ andrà omessa. – «Quella ragazza o meglio quella donna entrata nella sua vita per un banale colloquio di lavoro lo turbava e questa nuova sensazione, cui non era abituato. Lo infastidiva e lo irritava» – E VAI! – 60% – Caccio via al posto di cacciò via. – «La signorina Marianne Baxter si dimostrò molto competente e appassionata nel presentare il suo progetto finalmente una che sapeva il fatto suo non la solita (…)» – Che bello! – Pagina successiva: «(…) chiesi a Charlie il se ne conoscesse il motivo(…)» – Si può dire? Anche se fosse fa un po’ cagare. – «(…) prima mi da carta bianca (…)» – Anche con gli accenti ci sono problemi. – 64% – «Poi corsi prepararmi scelsi un abito (…)» – 71% – «Risposi alle domande che mi erano fatte (…)» – Chissà. – «Si, tutto bene» – C’è ‘si’ e ‘sì’. – «(…) secondo me, sarebbe stato una lavata di capo (…)» – Non ce la faccio più ma all’85% “andare a lavoro” torna di nuovo. 93% – «Nella mia mente s’insinuò il dubbi (…)» – «(…) su alcuni pregetti (…) – «Il menù era molto vario e la sala affollata di giovani manager che si fermavano lì per la pausa pranzo o per leggere il giornale.» – Boh. – Al 95% della lettura gratuita mi accorgo che la nostra non è in grado di battere i caporali (« e »). Costa solo 2,66 euro! http://www.amazon.it/Libero-grazie-te-Rose-Mary-ebook/dp/B00L0N6LOA/ref=sr_1_2?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1408379423&sr=1-2

    • Mi perdoni, Castellini, ma questo cosa c'entra con l'iniziativa del post? Se ha qualcosa di obbrobbrioso da sottoporre alla nostra attenzione esiste il modulo "contatti". Grazie per la cortese collaborazione. 😉

    • Scusate e cancellate il post allora: dal momento che il vostro terrore è riportare i virgolettati – verosimilmente per problemi di copyright – ho ben pensato di assumermi il rischio: troppo spesso leggo cose del tipo "roba di merda, lasciate stare" – Se un testo ha problemi e voi siete 'Obbrobbrio' dovreste aprire gli occhi con esempi. Tranquilli, se anche mi denunciassero sarebbe un problema mio di cui mi assumo tutta la responsabilità. Non mi pare che Pippo Russo sia stato denunciato per il testo in cui giustamente attacca Faletti e altri.
      Cosa c'entra il mio intervento con l'iniziativa del post? Nulla se non l'obbrobbrioso testo che obbrobbriosamente s'infila nelle obbrobbriose pagine di un blog che tratta di obbrobbri. Che schifo… Sulla linea della cortese collaborazione: ma perché ve la tirate tanto? Dritti così andrete a parare dove il sole non batte alla Conventi.

  4. Non fece in tempo a risponderle per vomitarle addosso il suo dolore. Negli spogliatoi era entrato Lee John. Julian sapeva di non piacere a Lee. Fin da quando si era presentato strafatto al suo primo giorno ai servizi sociali (era un pò teso) e aveva usato un pò troppo liberamente il traccialinee. Julian ricordava ancora il sorriso entusiasta di Guendalin che lo guardava, seduta in panchina.
    Lee lo squadrò con uno sguardo pieno di rabbia.
    "Julian, ho visto cosa hai fatto al centrocampo. Hai lasciato degli spazi larghi così. Un lavoro di merda".
    Ma Julian non si scompose di fronte alla sua ira, avendo avuto il padre che aveva avuto, e gli rispose: "Il traccialinee a volte fa cilecca".

    • Nel dire quelle parole i suoi occhi si inumidirono. La frase che aveva appena pronuciato, dettata come per scherzo dall'inconscio, gli riportò alla mente la sua disfunzione erettile. Erano anni che non riusciva più a fare l'amore, e da tempo ormai aveva persino smesso di masturbarsi. Tempo addietro era stato vero uno stallone, ma la sua dipendenza dagli stupefacenti a poco a poco lo aveva sfiancato, anche da quel punto di vista. Con quel pensiero triste a trafiggergli le tempie, tornò fuori. Il suo passo stanco lo guidò fino a centrocampo. Lee aveva ragione, aveva fatto un lavoro di merda: la linea bianca in alcuni punti era a malapena visibile.
      Julian riprese in mano il traccialinee per fare una seconda passata, che questa volta sembrò riuscirgli bene.Il traccialinee non aveva fatto cilecca e ora la linea era omogenea: un rivolo bianco, denso e compatto, copriva senza soluzione di continuità la circolare striscia di erba riarsa dal sole. Julian guardò il suo lavoro soddisfatto, aveva l'aria di un contadino che avesse appena gettato il rigoglioso seme nel profondo solco tracciato dall'aratro.
      Per un attimo si sentì in pace. Alzò lo sguado al cielo e incontrò il sole, che sembrava sorridergli. Riprese la strada per lo spogliatogio, il suo turno era finito e aveva solo voglia di tornare finalmente a casa.
      Ma mentre si accingeva a rientrare nello spogliatoio accade qualcosa di inspiegabile. il suo sguardo fu rapito da un oggetto indefito che giaceva sul prato all'altezza del dischetto. Il sole era troppo forte e Julian per vederci meglio si portò alla fronte la mano destra, in modo che formasse una specie di visiera. Ma nonostante il trucco non gli riuscì lo stesso di distinguere l'oggetto e fu persino colto dal dubbio che si trattasse di uno brutto tiro giocatogli dal sole. Divorato dalla curiosità, Julian decise di incamminarsi verso il dischetto e quando giunse lì davanti vide l'oggetto misterioso era una stringa, che doveva essere fuoriuscita, chissà come, dalla scarpa di un giocatore, forse durante un'uscita del portiere. Il sole era allo zenit, barbagliava abbacinante. Julian si ritrovò all'improvviso come in trance, sentiva il suo corpo muoversi come fosse un automa, un automa ecologico per la precisione, alimentato a energia solare. Si inginocchiò e raccolse il laccio, lo tese in tutta la sua lunghezza come a volerne testare la resistenza. Si rese conto che quella semplice striscia di tessuto, resistente com'era, avrebbe potuto senz'altro trainare un'auto in panne.
      Aveva le gambe che si muovevano da sole, gambe che decidevano per lui e volevano condurlo a tutti i costi in direzione della porta. La luce del sole si faceva sempre più accecante. Julian a mala a pena riusciva a intravedere la rete davanti a lui, ma sentiva dentro di sé che, in qual preciso momento, una decisione molto importante, sulla quale non si poteva ritornare, era stata presa.
      Giunse finalmente sotto la traversa, ormai aveva gli occhi chiusi e lacrimanti: la troppa luce lo aveva reso quasi cieco. Ma questo non impedì alle sue mani ossute di realizzare un nodo scorsoio pressoché perfetto, lo stesso tipo di nodo che suo padre una volta gli aveva insegnato da bambino, quando avevano fatto, una domenica d'estate, insieme una gita in barca a vela. Julian fissò alla traversa l'altro capo della cima; un brivido gli corse lungo la schiena sudata, un brivido di dolore ma che al contempo profondeva tutto intorno un piacevole afrore di libertà.
      Julian si sollevò sulle punte dei piedi, afferrò il legno della traversa con entrambe le mani e infilò la testa nel cappio, dopodiché lasciò la presa. Una vampata di calore gli incendiò il visò. Julian aprì gli occhi e fissò il cielo con aria di sfida. Pensò ironicamente che quella era stata l'unica circostanza in cui la sua piccola statura, un metro e cinquanta, gli era stata d'aiuto in qualche modo. Restò lì con gli occhi spalancati ancora per qualche istante soffocato; poi, infine, venne il buio.

    • Grazie a te per aver fornito uno spunto eccezionale! mi era spiaciuto molto non aver più partecipato al concorso racconti di merda. Ho cercato di ispirarmi agli stessi dettami, spero di esserci riuscito, almeno in parte.

  5. …poi una canzone lontana, sbattuta qua e là dal vento, una canzone che aveva sentito tanto tempo prima, quando ancora le fragole erano rosse e le stagioni, specialmente nelle zone mediterranee con un tasso di umidità pari al 67% il giorno, e il 56% la notte, svolgevano ancora la funzione di scandire i tempi dell'anima, una canzone di Ligabue (…certe notti…) che lo aveva accompagnato per molto tempo, quando ancora essere un metro e mezzo non era visto come un vizio di forma, e che ora si era ripresentata come l'onda alla marea, la notte al sole, il ghiaccio a Natale. Sì, Natale, a Natale questo pensò prima che il buio torbido della notte più buia violasse per sempre il suo corpo come una fatalità inattesa, come un temporale marzolino o l'uva a gennaio in una magione in Siberia. A questo pensò. Con le ultime forze che gli erano rimaste nel corpo, ancora vivo ma debilitato, a causa dell'ipossia, che si presenta anche a certi subacquei temerari, e per molti considerati senza coscienza perchè mettono a repentaglio la loro vita senza tenere presente che i loro cari e i loro figli e mogli invece necessitano comunque della loro presenza, egli faticava a raggiungere la traversa della porta dove legata in più nodi c'era quella stringa maledetta!
    (mi sorprendo di averlo scritto di getto e che funzioni così bene e di merda che mi sento quasi sereno!)

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