Destandosi un mattino da sogni inquieti, il giovane Antonino si trovò tramutato, nel suo letto, in Carlo Giovanardi.
Quello dell’opera che andremo a recensire oggi è senza dubbio uno degli incipit più conosciuti nella storia della Letteratura. La metamorfosi inizia proprio così, con il povero Antonino Colasanto che, dopo una notte di abusi, si risveglia trasformato in Giovanardi.
«Che cosa mi è accaduto?» si domandò, osservando nell’impietoso riflesso dello specchio i capelli ingrigiti, le borse sotto gli occhi, le guance cadenti. E quella camicia da impiegato del catasto. Lui non l’aveva mai vista prima.
Già dalle prime righe il lettore vive empaticamente l’angoscia del protagonista, che sarà ben presto costretto a mostrare le sue nuove sembianze a familiari e amici. Particolarmente toccante è il dialogo con suo fratello maggiore, Ernesto, gay dichiarato:
«Credimi» disse Ernesto, il cui volto era solcato dalle lacrime «questa terribile disgrazia non altererà in alcun modo la stima e l’amore che nutro nei tuoi confronti»
«Va’ via, malato del cazzo!» gli urlò contro Antonino, facendo un balzo all’indietro.
Ormai rassegnato, Antonino sarà persino costretto a rinnegare le proprie amicizie:
«Dai Tonì, fatti una cannetta e non pensarci più» disse Marco.
«Giammai!» risposse Antonino, infuriato. «Voglio dire basta alla cultura della droga. E per farlo voglio introdurre nell’ordinamento una norma che impedisca di fare propaganda, anche indiretta, a tutte le droghe, comprese quelle cosiddette leggere!»
«Mamma mia, come stai messo frate’!»
ATTENZIONE: SPOILER!
Le vicessitudini dello sfortunato Antonino lo porteranno a vivere una vera e propria tragedia: braccato da orde di omosessuali e animalisti – furiosi per le sue dichiarazioni a favore dell’allevamento di animali da pelliccia – il protagonista finirà in ospedale dopo esser stato pestato a sangue, ma le gravissime lesioni riportate saranno attribuite dal giudice a una banale caduta dalle scale.
Volti come questo accrescono il peso scientifico della fisiognomica.
Aggiungerei: l'unica cosa peggiore di tramutarsi in Giovanardi è essere Giovanardi.
La cannabis fa male, si sa, Giovanardi oltre che rompere vuole tutti in galera, i coglioni a capo di San Patrignano vorrebbero che tutti calpestassero i loro suoli – a pagamento – dalla prima sigaretta in su. A nessuno viene mai in mente che certi drogati sappiano autolimitarsi senza dover chiedere aiuto? Non so, la storia è piena di gente che convive pacificamente con la droga senza che questa gli ribalti il culo. Se poi si parla di erba, Giovanardi andrà di certo nel Paradiso calpestabile.
Giovanardi a parte, una droga è definita tale proprio perché dà dipendenza. Autolimitarsi mi pare davvero un'utopia…
Irene, le droghe leggere creano meno dipendenza del caffé (dell'alcol non ne parliamo nemmeno).
Ognuno cerca di sfuggire all'infelicità con i propri mezzi.
Non so mai come funzionano i blog e le risposte ma il caffè crea un vago mal di testa per un paio di giorni in caso d'astinenza mentre la cannabis produce una dipendenza psicologicamente lunga. Bevo e ho fumato ma posso dire che è molto più facile smettere di fumare ganja che smettere di bere. L'alcool è una droga completa che porta anche a provare droghe spegiudicate mentre la cannabis è una droga che spegne la voglia di aggiungere altro. Se non altro la cannabis ha pure altre virtù che si contrappongono ad alcol e coca. Il mio giudizio sull'erba è positivo ma solo se è disponibile.
Preferirei di gran lunga svegliarmi in uno scarafaggio. E non scherzo! 😉
lo penso anch'io 🙂
Questo è un genio, però.
oh grazie
Quest'uomo porta la sua missione iscritta nel nome: carlo giovanardi è un anagramma di "la droga ci rovina". Incredibile.
oddio non lo sapevo 😀
assurdo!
La vera questione nodale di tutta la faccenda è in realtà capire se Giovanardi, dopo aver preso residenza in territorio pugliese, abbia anch'egli votato o meno a Emiliano, a michelemigliano.
Lo avrà fatto secondo voi? andreacastellini cosa ne pensa lei? Può farcelo sapere per favore?
La domanda è mal posta ma dammi del tu. Comunque non sono uno strenuo osservatore di politici incantati dal proprio breve orizzonte. Gli anonimi – comunque – non possono giocare a fare i giornalisti in incognito.