Scrivi (di merda) come parli

914

 

Anni fa, una mia collega dalle spiccate capacità comunicative (così diceva il suo curriculum) consigliò telefonicamente a qualcuno di cosare il coso. Mi pento di non averle mai chiesto a cosa alludesse, ma il mio maggior rammarico è quello di non sapere cosa l’avesse spinta all’adozione di quel geniale passepartout linguistico. E come l’avrà presa il suo malcapitato interlocutore? Nello stesso modo in cui avrebbe reagito davanti all’esposizione della più complessa teoria quantistica: con un “certo”.
Mettetevelo in testa: il pubblico per cui scriverete è fuori per lavoro 12 ore al giorno (chi non può permettersi il vostro libro non serve a nulla), può dedicarvi mediamente il tempo che intercorre tra il sedersi sulla tavoletta del gabinetto e il tirare lo sciacquone. È un tizio la cui percezione della temperatura va da si muore di caldo a che cazzo di freddo, che scrive tvb alle amiche e asap ai fornitori, che non chiederà mai al proprietario dell’auto parcheggiata in doppia fila di spostare una Fiat Punto color solidago.
Un modello terra-terra, insomma.
Una comunicazione semplice, diretta, libera da redini lessicali e grammatiche, pregna di acronimi e inglesismi da asporto: il sogno di qualsiasi deficiente, ovvero del target delle vostre opere. Per dirla con un sillogismo:
Scrivere terra-terra è la chiave per il successo
nel quotidiano si parla terra-terra
Scrivere come si parla è la chiave per il successo.

 

In cosa si traduce, all’atto pratico, questa teoria? Prendiamo come esempio questo dialogo tratto da Prendila Così, di Joan Didion (Il Saggiatore, 2014), in cui il perfido Larry offre alla depressa e sfigata Maria Wyeth una spintarella professionale in cambio di una sveltina:
«Potevi venire a usare la sauna» disse Larry Kulik.
«Sono stata…».
«L’ho sentito».
«Sentito cosa?».
«Sentito che sei pronta per il manicomio, se lo vuoi sapere».
«Penso che ho bisogno di una sauna».
«Penso che hai bisogno di qualcosa».
Maria non disse niente.
«Sono un buon amico per le persone che mi piacciono», disse Larry Kulik. «Pensaci su».
Come può il lettore medio cogliere allusioni così sottili? Ecco spiegato il motivo per cui nessuno conosce Joan Didion. Ma vediamo come semplificare questo dialogo in modo da renderlo fruibile al nostro frettoloso pubblico:
«Ciao Mary, com’è?» disse Larry Kulik.
«non va bene, mi hanno licenziata e nel frattempo ho pure subito un aborto».
«L’ho sentito, ma posso darti una mano».
«In che modo?».
«Se vieni a far la sauna da me, manderò il tuo curriculum a un mio amico assessore».
«Davvero? Figo».
«Però poi trombiamo».

La necessità di semplificazione non riguarda solo il dialogo. Pensiamo alle descrizioni, al solidago di cui sopra. Nell’era del full HD, per comodità ci si esprime ancora come se guardassimo il mondo attraverso lo schermo di un Commodore 64: a sedici colori. E allora viva le foglie verdi e i cieli azzurri, fanculo vermiglione, terra d’ombra e grigio cadetto. Il vostro dev’essere un libro, mica un catalogo di Leroy Merlin!
Quando siete davanti a una pagina bianca e non sapete come scrivere una storia, descrivere un’ambientazione o introdurre un personaggio, pensate a come ne parlereste con un vostro amico (meglio se zotico). I lettori sono ben disposti a perdonare uno stile di merda in cambio di pietà verso i loro neuroni. E chissà, magari un giorno riuscirete a cosare il coso anche voi.

 

17 Commenti

  1. "Il coso cosato" è l'ABC della scrittura creativa, alla D in genere non si arriva per analfabetismo di ritorno…

    P.S. l’emoticons si posso usare nei romanzi? Sai aiutano a visualizzare la giusta espressione di un personaggio a seguito di un dialogo. Sono spesso più lampanti delle parole. 😛 😀 XD

  2. Ehm, non vorrei dire ma la quindicesima parte era quella sulle chiavi del successo, che non è linkata nel post-elenco delle lezioni

  3. Poniamo che a uno, del successo, non freghi una sei quarti di minchia, che colori avrebbe il permesso di usare chi scrive per il piacere di farlo? Meno male che c'è qua Rembrandt a spiegarcelo.

  4. È il tuo primo post che leggo e temo che non sarà l'ultimo. Geniale. E lo penso anch'io: viva la merda! 😀

    P.S. Devo ammettere che a volte mi piace scrivere terra-terra, ma diciamo che la considero un po' una scelta pensata, in certi casi. Vai a vedere come scrive quel buontempone di Irvine Welsh! Un Dio.

Rispondi a Alessandro Cassano Cancella la risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here